Le Potazzine
A sette anni di distanza, in tempo di Covid, torniamo a Montalcino: il borgo è sorprendentemente meno caotico del previsto e decidiamo di visitare la cantina Le Potazzine. Assaggiamo due annate di Brunello 2014 e 2015 e ci ripromettiamo di tornare per degustare l’annata 2016, a detta di molti, decisamente incoraggiante.
La Val d’Orcia e Montalcino sono tra le zone più belle d’Italia. Mi ha sempre affascinato come la gente del posto sia riuscita a trovare nel vino una fiorente risorsa economica rispettosa dell’ambiente. Questa volta visitiamo le cantine della denominazione con più consapevolezza e quindi andiamo a colpo sicuro alla Tenuta Le Potazzine.
All’arrivo nella bellissima Tenuta ci accoglie Duccio la nostra guida, un ragazzo molto preparato e dal simpaticissimo accento senese, che per due ore circa ci racconterà, con dovizie di particolari, la conduzione della vigna ed il lavoro in cantina e che ci accompagnerà nella degustazione dei vini della Tenuta.
L’azienda con i suoi primi 2 ettari è stata fondata nel 1993 da Gigliola Giannetti, in occasione della nascita della primogenita Viola, e poi, con l’arrivo di Sofia nel 1996, assume le sue attuali dimensioni di 5,5 ettari. Il nome della tenuta deriva da un caro ricordo della nonna materna che era solita chiamare le nipotine con il nomignolo di “potazzine”, ovvero cinciallegre in dialetto toscano: da qui poi nacque l’idea anche per il logo della cantina, formato dalla coppia di uccellini appoggiati su un tralcio di vite che viene ripreso in tutte le etichette prodotte dall’azienda.
Le vigne
I cinque ettari e mezzo di proprietà, tutti piantumati a Sangiovese, sono suddivisi in tre parcelle. Tre ettari e mezzo a corpo con la sede aziendale, si trovano in località Prata a sud-ovest rispetto al borgo di Montalcino e sono orientati a nord. Mezzo ettaro di vigna recentemente avviata è posta poco distante dalla sede aziendale sempre in località Prata. I restanti due ettari sono adagiati dall’altra parte della collina ed orientati verso sud, nei pressi della frazione di Sant’Angelo in Colle.
La posizione delle vigne unita ad un’altitudine di 510 metri sul livello del mare, rende la zona tra le più avvantaggiate rispetto ai cambiamenti climatici in corso dettati dal riscaldamento globale. Le viti infatti, godendo di robusti sbalzi termici tra il giorno e la notte, riescono a garantire grappoli d’uva con eccellenti livelli di acidità. Inoltre, i venti che soffiano da ovest, cioè dal mare della Maremma, riescono a mantenere asciutte le piante, riducendo di conseguenza il numero di trattamenti fitosanitari necessari nell’arco dell’anno.
Qui il 95% del vino si fa in vigna!
L’azienda ha sempre preferito lavorare secondo un regime biologico, anche se la certificazione è stata richiesta solo negli ultimi anni. Secondo questo concept, la vigna è posta al centro del progetto aziendale ed è costantemente curata per permettere l’espressione più pura del Sangiovese. Qui il 95% del vino si fa in vigna!
La cantina
Terminata la passeggiata tra le le splendide vigne, Duccio ci accompagna alla visita della sede aziendale e, per introdurci alla loro filosofia produttiva, si lascia scappare la frase “noi siamo di scuola Gambelliana”.
In effetti, consulente de Le Potazzine è l’enologo Paolo Salvi, allievo per l’appunto di Giulio Gambelli, colui che viene riconosciuto nell’ambiente come il più grande conoscitore del Sangiovese ed in assoluto il migliore assaggiatore di vino (cit. Gianfranco Soldera). Lo stile ed il naso di Gambelli infatti hanno contribuito ad iscrivere questo vitigno nel gotha dei più grandi, grazie anche al sodalizio instaurato con altri importanti cantine quali Case Basse, Poggio di Sotto e Montevertine: quale miglior premessa allora di poter valorizzare in cantina l’esperienza di Paolo Salvi che per tanti anni ha affiancato il maestro Gambelli?
Siamo di scuola Gambelliana.
Ecco quindi una breve descrizione tecnica di ciò che accade in cantina.
Una volta vendemmiate, le uve vengono portate rapidamente al banco di cernita, dove vengono accuratamente selezionate e diraspate. La fermentazione alcolica avviene in vasche di acciaio, parte spontaneamente da lieviti indigeni e, a seconda dell’annata, può durare dai 35 ai 40 giorni. I rimontaggi iniziano subito: nelle settimane iniziali se ne eseguono 3 al giorno da 30 minuti ciascuno. Man mano che gli zuccheri si trasformano in alcool la durata dei rimontaggi cala fino a ridursi, nell’ultima settimana, a solo 2 minuti ciascuno.
Terminata la fermentazione alcolica, si innesca quella malolattica innalzando la temperatura della sala vasche a 22-25 C°.
Al termine del processo le vinacce vengono conferite alla distilleria Berta in Piemonte che produce per l’azienda circa 200 bottiglie di grappa l’anno.
Si procede poi all’assaggio del vino delle varie vasche: la parte che risulta avere note fruttate più spiccate viene destinata a diventare Rosso di Montalcino; la restante parte invece viene selezionata per l’invecchiamento con lo scopo di diventare Brunello di Montalcino.
La maturazione dura circa tre anni e mezzo e avviene in botti grandi di rovere di Slavonia. Duccio ci racconta che negli anni passati anche a Montalcino, come nelle Langhe, c’è stata un’aspra diatriba per l’utilizzo delle barrique in questa importante fase di affinamento. Ultimamente, però, tanti produttori che nel corso degli anni erano passati al legno piccolo con l’obiettivo di ottenere vini potenti, stanno tornando alla tradizionale botte grande: l’intenzione non può essere che quella di regalare al vino una certa espressività legata al territorio della Val d’Orcia.
Il Mercato
Tradizionalmente, la cantina Le Potazzine ha sempre esportato gran parte della sua produzione, basti pensare che nei primi anni di attività si era arrivati anche al 95%. Oggi, anche se l’export è sceso al 75% della produzione, esso è diretto verso ben 125 mercati, ciascuno di essi con normative differenti in materia di etichettatura. Per questa ragione tale operazione viene effettuata solo poco prima della spedizione, quando si ha la certezza della destinazione della bottiglia.
A conclusione della visita e prima di portarci in sala degustazione, Duccio ci mostra la riserva delle annate storiche, primo millesimo “1997”.
Questo piccolo grande tesoro viene custodito in una nicchia della cantina, un caveau chiuso da una cancellata di ferro che, per il momento, è riservato ad un uso esclusivamente interno. Non esclude però che nei prossimi anni, con l’incrementarsi delle annate e della produzione, si potrà organizzare qualche verticale (a partire dall’annata 2010) destinata solo a clienti appositamente selezionati fra quelli con cui l’azienda ha costruito in questi anni un rapporto di amicizia.
La degustazione
Ci dedichiamo infine all’assaggio dei tre vini prodotti dalla cantina. Una precisazione però è d’obbligo: nonostante nelle degustazioni si cominci sempre dal vino più “giovane” per concludere con l’annata meno recente, nel nostro caso l’assaggio di Brunello 2014 è stato effettuato prima di quello dell’annata 2015.
La motivazione risiede proprio nella straordinarietà dell’annata 2015, che è stata anche definita “l’annata da favola” (cit. James Suckling). Le parole d’ordine di questa speciale vendemmia sono: densità, freschezza, profondità, equilibrio, armonia e lunghezza infinita.
Parus 2018
Solo 4000 bottiglie all’anno da un vigneto di nuovo reimpianto di 0,5 ht. posto in località Prata. E’ un vino IGT 100% Sangiovese prodotto senza l’uso di legno, 12 mesi in acciaio, 4 mesi in bottiglia. Etichetta pensata per dimostrare come il Sangiovese possa essere facile e diretto senza comprometterne l’eleganza. Frutti rossi e tannino elegante, è un rosso moderno, facilmente godibile, fresco anche d’estate.
Rosso di Montalcino 2018
Prodotto a partire dalle stesse uve del Brunello, è la parte più fruttata che viene declassata ed affina per 12 mesi in botti tronco-coniche in rovere di Slavonia, non filtrato. Per me è quasi un Brunello, frutti rossi con richiami floreali, tannino morbido, elegante e minerale, già possiede acidità e grado alcolico ben amalgamati con il corpo. Garantita l’evoluzione se custodito in cantina ancora un po’.
Brunello di Montalcino 2014
Da vigneti certificati bio posti in località Prata e Sant’Angelo in Colle, affina per tre anni e mezzo in botti grandi di rovere di Slavonia. Rosso rubino con riflessi aranciati, note decisamente fruttate e floreali. Morbido, il palato dialoga elegantemente con l’acidità e le note speziate che emergono su un finale lunghissimo.
Brunello di Montalcino 2015
E’ la dimostrazione di cosa può fare il Brunello in una annata spettacolare. Una bottiglia di una grazia come questa deve essere decantata otto ore prima per essere goduta a pieno (parola di Duccio!). Uno dei vini migliori mai degustati. Tannini di seta, naso e gusto di una definizione eccelsa, note di frutti rossi e floreali di consistenza perfetta. Il finale lunghissimo è tutto giocato su complessi richiami floreali e speziati che lasciano senza fiato. Vale assolutamente la pena portare pazienza per qualche anno per poterla degustare all’apice della sua perfezione.