Storia della cantina Argiolas in Sardegna, dalla fondazione, agli anni ’80 che hanno visto la nascita del Turriga uno dei simboli dell’enologia italiana.

Questa storia inizia in Sardegna negli anni ’30 e racconta di un ragazzo classe 1906 di nome Antonio Argiolas che avvia una cantina a Serdiana in provincia di Cagliari. Decenni di lavoro e tanta fatica lo portano ad accumulare oltre 200 ha. di vigneti. Avviata l’azienda famigliare con successo, arrivano gli anni ’70 e con essi il mondo del vino italiano è in piena trasformazione. Si inizia a capire che il vino non è più un alimento consumato abitualmente sulle tavole degli italiani, ma che esso sta diventando sempre più un prodotto di piacere e di lusso. Per far tornare i conti soprattutto per aziende medio-grandi bisogna iniziare ad esportare, ma farlo non è facile perché per decenni il vino italiano qualitativamente parlando era rimasto indietro.

La sede di Argiolas a Serdiana

I tempi cambiano.

Questa trasformazione epocale manda il settore vinicolo italiano in crisi, passano anni dove la selezione tra le aziende è massima, o si cambia o si muore, c’è anche qualcuno che pur di sopravvive bara. Lo scandalo etanolo oltre a fare morti tra i consumatori indebolisce ulteriormente la credibilità del settore che nei primi anni ’80 tocca il fondo. E’ proprio allora che la CEE introdusse sostanziosi incentivi per l’espianto dei vigneti, invitando così i molti proprietari ad arraffare i soldi e darsi ad altro.

E’ un momento difficilissimo anche a Serdiana, riporto la testimonianza di Pina Casulas Argiolas che al Vinitaly 2000 raccontò così quei tempi (fonte AcquaBuona):
“C’è stato un periodo negli anni ottanta in cui la CEE incentivava, anzi, sovvenzionava proprio l’estirpazione delle vigne. E pensate che estirpare oltre 200 ha di vigneti avrebbe voluto dire diventare miliardari. Invece mio suocero, con grande lungimiranza, si è rifiutato. Molti dei nostri vicini ci prendevano per matti: rinunciare a un occasione simile ! Poi è arrivato Giacomo Tachis, che ama molto la Sardegna e le nostre zone e ci ha detto: Voi spiantare con questo clima e vigne esposte in questo modo ? Dovreste essere matti ! “

Anni ’80, Nasce il turriga.

Era evidente che solo una delle due pazzie era quella giusta, certamente una era molto più rischiosa dell’altra, ma Antonio il capofamiglia, fidandosi di quel piemontese di successo, portò la sua azienda probabilmente dove neppure lui si aspettava. Giacomo Tachis riconobbe subito che la conduzione della vigna era buona e che la materia prima su cui lavorare era già ad ottimi livelli qualitativi, si concentrò dunque sulla ristrutturazione della cantina, investendo sulle più moderne tecnologie di vinificazione. A quel punto mancava un vino che facesse parlare di se. All’epoca Argiolas inbottigliava solo vini monovitigno autoctoni (Carignano, Bovale, Cannonau, Malvasia nera, Nasco ecc. ecc) bisognava capire come approcciare i gusti del mercato estero pur affermando l’univocità del terroir sardo.

Poi è arrivato Giacomo Tachis, che ama molto la Sardegna e le nostre zone e ci ha detto: Voi spiantare con questo clima e vigne esposte in questo modo ? Dovreste essere matti ! “

Pina Casulas Argiolas

Fù nel 1988 che in una stanzetta in casa degli Argiolas, Tachis armato di una tavolozza carica di vitigni autoctoni, dipinse quel capolavoro dell’enologia italiana chiamato Turriga. Un blend di Cannonau, Carignano, Bovale e Malvasia nera, personalmente trovo la costruzione di questo vino oltre che eccezionale anche facilmente comprensibile. Cannonau e Carignano donano corpo e importanza, il Bovale (vitigno che amo) note floreali e balsamiche, infine la Malvasia nera note speziate e morbidezza. Mi si passi la metafora poetica ma è un vino che gioca tra vitigni maschili Cannonau/Carignano e vitigni femminili Bovale/Malvasia nera. Il risultato dà certamente un vino potente ma dove tutta la progettualità è stata messa sulla ricerca dell’eleganza. Ricordo che anche il Turriga, insieme al Terre Brune di Santadi , venne realizzato utilizzando la barrique.

Angialis, cerdena, korem e is argiolas…

Il successo del Turriga fu straordinario, Argiolas divenne a buon diritto un nome nobile dell’enologia italiana. Nel 1992 pochi anni dalla nascita del Turriga, Giacomo Tachis consigliò agli Argiolas un talentuoso e giovane enologo Mariano Morru che da allora segue la cantina. Dopo il successo, la crescita aziendale non si è più fermata arrivando oggi a produrre 16 vini divisi in 4 linee di prodotto, di questi vorrei ricordare i miei preferiti.

  • Angialis 2011: Elegante vino dolce ottenuto da uve Nasco in purezza lasciate a summaturare. Oro alla vista, naso carico di albicocca, agrumi, dolciumi canditi. In bocca la consistenza è importante, l’acidità sostiene note di albicocca, mandorle, richiami floreali, vaniglia, miele. Credo che con i dolci sia abbastanza sprecato, meglio con formaggi stagionati.
  • Cerdena 2015: Da Vermentino e Nasco, è un bianco da uve autoctone che fermenta in legno piccolo. Il risultato è un vino molto strutturato e complesso di colore giallo paglierino e che presenta al naso node di fiori di campo, limone e lime. In una sola parola sontuoso. La particolare vinificazione gli dona caratteristiche che in un assaggio alla cieca potrebbero portare più di qualche sommelier a scambiarlo per un bianco di Borgogna.
  • Korem 2016: Bovale in purezza, vinificato in acciaio e cemento riposa un anno in barrique. E’ un vino balsamico, che sfoggia note di frutti rossi, marasca, fiori e vaniglia. I tannini sono morbidi ed eleganti, nonostante il grado elevato (14.5) risulta di facile beva e sorso dopo sorso rivela la sua complessità.
  • Is Argiolas 2018: Vermentino in purezza, è una bella espressione del territorio sardo. Alla vista paglierino leggero con riflessi verdolini viene vinificato parte in acciaio e parte in piccoli tini di legno. Il naso è dominato da frutta fresca, agrumi e gelsomino, in bocca è affilato e sorprende per la notevole persistenza. Minerale e sapido regala suggestioni di mare ed è perfetto con il pesce.