Agripunica Barrua storia di un Super-sardinian
Soggiornare per la prima volta in Sardegna senza visitare la cantina Agripunica sarebbe stata certamente un’esperienza a metà. Così, nonostante il nostro alloggio si trovasse in Gallura nell’angolo geometricamente opposto della Sardegna, in un giorno torrido di agosto mia moglie ed io abbiamo letteralmente attraversato questa splendida regione in pellegrinaggio nel Sulcis, la terra del Barrua.
Sin da piccolo sono sempre stato affascinato dalla storia, perciò quando nel 2013 mi sono avvicinato al mondo del vino ed ho scoperto quante storie affascinanti si possono imparare, coinvolgenti almeno quanto il prodotto stesso, ho capito che un vino per essere interessante non può fare a meno di una storia da raccontare.
Tornando a noi, la storia del Barrua comincia alla fine del ventesimo secolo e vede tra i protagonisti un certo Giacomo Tachis, uno che di storie ne aveva parecchie da raccontare. All’epoca Tachis era il più grande enologo italiano e che il padre del Sassicaia amasse la Sardegna non era sfuggito proprio a nessuno. Durante gli anni ottanta infatti nel sud dell’isola aveva dato vita a due grandi capolavori dell’enologia italiana: Le Terre Brune per Santadi (1984, il primo barricato in terra sarda) e Turriga (1988) per Argiolas. Queste due opere sarde erano state entrambe prodotte con l’utilizzo di vitigni tipicamente autoctoni (cannonau, carignano, bovale e malvasia nera per il Turriga e carignano con un pizzico di bovaleddu per il Terre Brune). Quello che mancava a Tachis era provare a mescolare un vitigno sardo con uno internazionale: insomma la sua specialità! La creazione di vini che mescolassero vitigni autoctoni con alloctoni per Tachis non rappresentava certo un problema sul versante della tipicità! Infatti come amava dire il grande maestro riguardo ai suoi numerosi blend in terra di Toscana: “il Merlot in Toscana Chianteggia”. Perciò perchè non far “Sardegneggiare” il Cabernet Sauvignon nel Sulcis per poi accoppiarlo con un vitigno giramondo e da secoli integrato nell’isola come il Carignano?
Detto fatto! Questa idea fu convertita in progetto da Tachis insieme ad altri due grandi personaggi dell’enologia italiana, Nicolò Incisa della Rocchetta (Tenuta San Guido – Sassicaia) e Antonello Pilloni (Santadi – Terre Brune). Un trio niente male che partì subito acquistando due tenute, Barrua e Narcano per complessivi 170 ettari, e creando Agricola Punica, azienda partecipata da Tenuta San Guido e Santadi.
Negli anni a cavallo tra i due secoli, impegnandosi a fondo nei campi specifici di competenza, i tre lavorarono per produrre un vino d’eccellenza che potesse andare forte all’estero esprimendo tutto il grandissimo potenziale della terra Sarda. Finalmente nel 2002 vide la luce il Barrua, un I.G.T. Isola dei Nuraghi prodotto per l’85% da Carignano, per il 10% da Cabernet Sauvignon e per il restante 5% da Merlot. Si può dire pertanto che nel 2002 il Barrua stava all’idea di SuperSardinian come nel 1970 il Tignanello stava al SuperTuscan e che grazie alle qualità del progetto e del prodotto stesso, il Barrua riuscì subito ad imporsi tra i critici nazionali ed internazionali come vino di eccellenza.
Visivamente, Barrua si presenta al calice di un colore rosso rubino, profondo ma non impenetrabile, sprigionando subito profumi di amarena, ciliegia e mora. La nota speziata vira nettamente verso sentori di erbe mediterranee che si accentuano a mano a mano che il vino si ossigena roteandolo nel bicchiere. Al sorso il Barrua risulta ben strutturato ed elegante, il tannino è soffice e la nota boisé nonostante la giovane età è già abbastanza integrata. Le note di frutti rossi sono ben definite, sorprendenti i richiami alla macchia mediterranea. Aprite questo vino solo per cari amici, per veri intenditori o per voi stessi: assolutamente è un vino da valorizzare!
Nostra gentile guida durante la visita presso l’azienda Agripunica e la collegata Cantina Santadi è stato il signor Salvatore Santus, responsabile dell’ufficio export e logistica della società, che ci ha cortesemente accolto durante il periodo estivo di chiusura dell’azienda e ci ha accompagnato nella degustazione di questo splendido vino, in abbinata agli altri due vini prodotti (il rosso Montessu ed il bianco Samas), di cui scriverò prossimamente.
Prima di chiudere vorrei raccontare un ultimo aneddoto sul Barrua (e qui devo ringraziare il signor Santus per avermelo raccontato!): il logo presente nell’etichetta rappresenta il dritto di una moneta antica rinvenuta nei pressi dei vigneti. Quando si scoprì dalle incisioni che essa era stata coniata intorno alla metà del dodicesimo secolo per Barisone I d’Arborea incoronato Re di Sardegna nel 1164 (da qui la scritta “Rex Baresonus“), Tachis da appassionato studioso di storia ne fu impressionato e suggerì perciò l’idea di utilizzare quale logo ed etichetta di Agripunica proprio questa moneta. Un vino, una storia, un gran bel sorso, fortunato chi ne può godere. Grazie Sardegna, salute !!!